Che resta rispetto alla vittoria referendaria del 12-13 giugno 2011?
SUL PRIMO QUESITO
Nel 2011 abbiamo bloccato il passaggio alla completa privatizzazione del settore idrico, ma negli anni successivi la privatizzazione strisciante ha continuato attraverso la vendita delle quote da parte dei sindaci per fare cassa, aiutata da regolamenti fatti su misura degli interessi privatistici, come quello di aumentare il valore del voto per le restanti quote non vendute dai sindaci, con il risultato che i dividendi in maggioranza vanno ai privati, ma il pubblico ha la possibilità di avere maggioranze assembleari (esempio per scegliere l’AD). Tanto alla fine le scelte industriali ed economiche saranno sempre attuate in favore dei soci e non degli utenti. Oggi col decreto delegato di Draghi & C. si arriva allo stravolgimento che il decreto delegato compie rispetto al ddl delega: viene sancito il divieto per le aziende speciali di gestire i servizi pubblici a rete, vengono ripristinate le limitazioni alle gestioni in house, con l’obbligo di giustificare il mancato ricorso al mercato con invio delle motivazioni all’Osservatorio nazionale sui servizi pubblici locali, viene introdotto il limite dei 5 anni, sia pure derogabili, per la durata delle concessioni della gestione in house dei servizi a rete.
Non si vuole una gestione pubblica, trasparente, efficiente e senza profitto.
SUL SECONDO QUESITO
Nel 2012, il nuovo metodo tariffario approntato dall’Autority, oggi Arera, ha stravolto il vecchio metodo tariffario e lasciato la remunerazione del capitale, non più fisso, ma variabile. Mentre la vittoria referendaria aveva eliminato la remunerazione del capitale e la tariffa poteva essere applicata senza ulteriori modifiche.
Il vecchio metodo tariffario conteneva un 7% fisso di remunerazione del capitale investito, il quale veniva inserito in un aumento massimo della tariffa del 5% a cui veniva aggiunto un tasso di inflazione fisso del 1,5%. I costi al di sopra del 5% non venivano considerati e ogni Consiglio d’ambito decideva periodicamente se aggiungerli o no negli anni successivi.
Il nuovo metodo tariffario, oggi MTI3 stabilisce un aumento massimo di tariffa che va da 3,7% a 8,45%. Il moltiplicatore tariffario, cioè l’aumento consentito varia a seconda della quantità degli investimenti in rapporto alle immobilizzazioni e del vincolo dei ricavi con la popolazione servita e in ragione di questi il gestore viene a collocarsi in uno dei sei schemi regolatori esistenti (vedi link pag. 16 MTI3 alleg. A.). Arrivando a considerare un vincolo massimo riconosciuto ai ricavi del gestore (VRG vedi link pag. 15). I costi che vanno oltre questo vincolo massimo, vengono considerati crediti per il gestore e sommati a quelli che hanno avuto la stessa sorte negli anni precedenti, saranno aggiunti a conguaglio negli anni successivi (vedi link pag. 54). Quelli che non vengono recuperati con i conguagli di ogni anno, alla fine della concessione saranno sommati al calcolo del Valore Residuo, pagati dal gestore subentrante e spalmati sulla tariffa seguendo gli stessi criteri.
All’aumento annuale della tariffa attraverso il nuovo metodo si devono aggiungere ogni mc. consumato anche aumenti extra inseriti con le voci UI1, UI2, UI3, UI4 e per ultimo la componente tariffaria istituita per la promozione dell’innovazione nel servizio idrico integrato ai sensi dell’art. 36 bis dell’Allegato A alla Delibera ARERA 580/2019/R/IDR.
Non c’è dubbio, il metodo tariffario in vigore è più favorevole ai gestori rispetto al vecchio in vigore prima del referendum.
LA CILIEGINA SULLA TORTA
Vi ricordate quei pochi euro che ogni gestore rimborsò nel 2012 per il periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2011, periodo non coperto dal nuovo metodo tariffario post referendum?
Con l’aggiornamento della tariffa anno 2022 i gestori hanno diritto di richiederlo indietro in applicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 3809 del 14/5/2021
Il ricorso promosso dal Gestore IRETI di Genova ha trovato accoglimento del Tar sul “quantum” di tale restituzione e la decisione è stata confermata con questa sentenza dal Consiglio di Stato, il quale ha sentenziato:
“come la deliberazione 273/2013/R/IDR ha previsto la restituzione integrale della remunerazione, al netto dei costi per oneri finanziari, fiscali e degli accantonamenti per svalutazione dei crediti, e non dei costi di capitale ‘proprio’, che dunque non risultano coperti, in contrasto con la direttrice normativa che permea l’intera regolazione dei servizi economici di interesse generale”. (……) In tal senso, correttamente il giudice di primo grado ha rilevato la contraddittorietà tra la delibera n. 273 del 2013 e la deliberazione n. 585 del 2012 (…), con la quale la stessa Autorità ha riconosciuto la necessità di copertura dei costi relativi al capitale investito, sia esso capitale di rischio o ovvero capitale preso a prestito”.
Per i tre gestori facenti parte dell’Aato Bacchiglione significa che rispetto agli importi approvati con delibera AATO n. 7 del 12.12.2013 con la quale erano stati restituiti all’utenza:
Acquevenete: € 1.635.192,00
AcegasApsAmga: € 877.417,00
Viacqua: € 1.734.835,00.
gli importi da richiedere indietro agli utenti comprensivi dell’inflazione sono per:
Acquevenete: € 1.721.850,00;
AcegasApsAmga: € 924.654,00;
Viacqua: € 503.731,00.
Cosa vuol dire? Esempio per quanto riguarda AcegasApsAmga: gli utenti col nuovo calcolo dovevano essere rimborsati per €. 43.131,00 e non per 877.417,00. Perciò la differenza dovrebbe essere restituita e con l’inflazione ammonta a €. 924.654,00.
Inoltre, retroattivamente dal 1° gennaio 2022, AcegasApsAmga aumenterà la tariffa del 3,7% minimo.
DOMANDA: dopo 10 anni e in una situazione di aumento generalizzato delle bollette e della povertà relativa e assoluta della popolazione i 3 gestori, non farebbero più bella figura rinunciando definitivamente a questo recupero, visto gli enormi profitti e dividendi che ancora stanno conseguendo sulla gestione dell’acqua?
I Sindaci nella prossima assemblea dovrebbero votare e imporre questa rinuncia. Lo faranno?
il Comitato 2SI Acqua Bene Comune Padova